sabato 11 giugno 2011

"Eccomi! Tu chi sei? Limiti, vicinanza rispetto tra adulti e bambini" (2009) di Jesper Juul edizioni Feltrinelli. Titolo originale: "Her er jeg! Hvem er du?" (1998). Trad it. di Lucia Cornalba

Jesper Juul (uno psicologo contemporaneo danese) delinea con lucidità il ruolo dei genitori con i figli: è dovere dei genitori essere sufficientemente maturi da evitare una relazione pedagogica basata sulla forza: alle punizioni, Juul sostituisce il dialogo tra genitori e figli.
So che per molti lettori tali parole possono suonare buoniste, ma io non sono d'accordo con questi: ritengo invece che questi sbagliano quando dicono che i bambini si educano picchiandoli o che il ceffone tirato al momento giusto gli fa ricordare la lezione. No! non è così: il ceffone crea dolore fisico ed umiliazione psicologica. Forse ottiene il comportamento desiderato dall'adulto, ma a quale prezzo?
Lo scrivo a chiare lettere: aborro la violenza e sono contrario ad ogni forma di sopruso nei confronti dei minori. Lo scrivo in qualità di psicologo, giudice minorile e soprattutto, uomo adulto: no alla violenza contro i bambini, per nessun motivo i bambini meritano punizioni, percosse, o anche solo ricatti (se non fai così, allora .... ). Quando picchiamo i bambini, non li stiamo educando.
I bambini vanno amati e rispettati. 
Purtroppo ancora oggi la cultura del rispetto fa fatica a prendere il sopravvento sulla cultura del ricatto e della violenza. Mi sento quindi nel dovere deontologico di lavorare nella direzione di una nuova cultura pedagogica. Per questo mi piace recensire qui il libro di Juul, se non altro per contribuire alla divulgazione di una nuova pedagogia, più corretta sul piano psicologico ed etico.
Veniamo ai contenuti del libro.
Il genitore ha il dovere di porre dei limiti ai comportamenti disfunzionali dei figli: il gesto educativo non sarà spinto primariamente da regole decise in astratto, ma dal reale confronto tra i due interlocutori (adulto e bambino). La spinta pedagogica deve quindi trovare le strategie educative nell'incontro tra i protagonisti della famiglia. Una delle responsabilità più importanti del genitore consiste nel cogliere in modo appropriato i veri bisogni del figlio: se il figlio manifesta un comportamento disfunzionale, il genitore dovrebbe capire quali emozioni il bambino sta esprimendo con quel comportamento e dovrebbe comportarsi in modo da legittimare i suoi bisogni.
Io sono d'accordo con Juul quando dice che le punizioni vanno evitate. A volte basta anche solo nominare le emozioni che il bambino sta provando per aiutarlo a superare la necessità di esprimere quei bisogni in modo così disfunzionale.
Facciamo un esempio: se il bambino inizia a piangere nel bel mezzo di una festa e non riusciamo proprio a calmarlo, forse è necessario prenderlo da una parte e provare a capire il motivo per il quale sta piangendo, non solo chiedendoglielo, ma anche provando a fare delle ipotesi, proponendogli delle alternative (per es. stai piangendo perchè qualcuno ti ha fatto un dispetto? non riesci a trovare il modo per divertirti? ti stai annoiando? manca il tuo amico del cuore?): in questo modo si instaura una relazione tra genitore e figlio e il bambino si nutrirà di tale relazione, calmandosi e imparando gradualmente a relazionarsi in modo più appropriato. Tante volte non è importante cosa facciamo insieme, ma stare insieme.
Ancora. Ad ogni regola imposta, il genitore dovrebbe chiedersi in modo onesto per quale motivo  impone tale regola, dovrebbe evitare di applicare norme assorbite passivamente nel corso degli anni, e dovrebbe invece rendere attiva la propria presenza col figlio: il padre, prima di essere "padre", sarà uomo e persona, con limiti e difetti. Così , anche la madre non si limiterà ad esercitare un ruolo genitoriale, ma si esporrà come persona con determinate esigenze, inclinazioni e curiosità: se la madre chiede al bambino di tenere in ordine la stanza, non lo deve chiedere solo perchè è giusto così, ma perchè a lei madre dà fastidio il disordine. Se il babbo chiede al bambino di rimanere a tavola, non lo chiederà perchè anche lui da bambino doveva aspettare che tutti finissero prima di alzarsi, ma lo chiederà perchè lui ha il desiderio di passare almeno quella mezz'ora insieme al figlio. Al bambino fa bene confrontarsi con la madre e col padre in quanto esseri viventi, piuttosto che con regole stabilite a priori.
Nella pedagogia familiare, e più in generale nelle relazioni interne alla famiglia, l'esempio vale più di mille parole: se i genitori credono nella democrazia, non basta dirlo a parole, ma è necessario applicare la democrazia in casa, sia col figlio, sia tra coniugi. Quando il bambino assisterà ad un confronto tra i genitori, per lui sarà l'esempio che si può discutere e mettersi in gioco nel confronto, purchè si rispetti l'altro e non si scenda ad espressioni o comportamenti violenti.
L'esercizio della genitorialità deve essere sufficientemente flessibile da rispondere ai bisogni del bambino. Per riuscire a raggiungere tale obiettivo, il genitore deve sviluppare la capacità di interrogarsi sul perchè pretende determinati comportamenti dal figlio. Al riguardo trovo estremamente appropriata la seguente frase di Juul: "Di tanto in tanto il genitore dovrebbe ascoltarsi".
Già! proprio vero: se non sono capace di ascoltare me stesso, come potrò ascoltare mio filgio?
In conclusione. Con Juul mi sembra di aver letto un libro tutto sommato ovvio, eppure nei miei corsi alla genitorialità mi rendo conto che molti genitori fanno estrema fatica ad apprendere come sia possibile evitare le punizioni nella relazione con i propri figli.
Sembra che le famiglie di oggi non siano capaci di mettersi in gioco come persone: lasciato il ruolo autoritario, tali genitori temono che il bambino possa prendere il sopravvento in famiglia. Evidentemente in questi casi i genitori sono vittime di  insicurezze così profonde da distoglierli dall'esercizio di una genitorialità matura e basata sull'autorevolezza.
Consiglio il libro a tutti i genitori biologici e i genitori adottivi, nonchè ai colleghi psicologi o educatori che lavorano nell'ambito della terapia o della valutazione di famiglie in crisi.

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