venerdì 3 ottobre 2014

"Lo strano caso del dottor Jekill e del signor Hyde" (1886) di Robert Louis Stevenson

Mi è capitato diverse volte nella mia esperienza di vita di scontrarmi con l'ambivalenza del bene e del male che caratterizza noi esseri umani: improvvisamente una persona di cui mi fidavo e con la quale ritenevo di avere un buon rapporto interazionale, ha cambiato  volto, è diventata aggressiva, minacciandomi e incutendomi timore. In questi casi ho provato sorpresa, oltre che spavento e  tensione. Ma, non lo nascondo, anche rammarico per non essermi accorto prima del potenziale aggressivo di quella persona. Per non aver capito prima con che razza di persona avevo a che fare. Queste sono le sensazioni che si provano leggendo "Lo strano caso del dottor Jekill e del signor Hyde", due volti del medesimo personaggio. Due facce della stessa persona. Il bene e il male, che conducono due vite nette e separate, non si integrano mai, se non al prezzo della vita stessa. Il bene di giorno, il male di notte. Solo all'apparenza dalle diverse tinte, il bene gentile e luminoso si distingue dal male scontroso chiuso e scuro, ancora più agghiacciante risulta la dicotomia, quando il male è scoperto nella persona sorridente e disponibile. Un tradimento che svela quanto il male è nel bene e quanto l'apparenza può ingannare, specie quando la spregiudicatezza di un danno emerge nel potenziale aggressivo della persona di fiducia, quella che abbiamo amato e che forse, nonostante tutto, non cesseremo mai di amare. Odio e amore, non saranno forse le faccie della stessa medaglia, insieme al bene da una parte e al male dall'altra? Quanti di noi possono essere onesti con se stessi negando che la loro personalità, da qualche parte e in qualche modo, celi un volto che non gli piace? capace di compiere qualsiasi cosa, fors'anche un omicidio? Quanti possono negare di fare a volte persino fatica a trattenere quall'aggressività, quella rabbia, o anche solo quell'edonismo che un'altra parte di noi non vuole, la rifiuta, la ignora? E a quanti di noi è capitato di confrontarsi con quella parte? A volte di rimanerne vittima, compiendo in un momento di distrazione, un gesto che mai avrebbe pensato di compiere, di cui poi si è pentito o persino vergognato? Gli errori si pagano, e quando arriva il conto, forse non ci resta che pagare a suon di quella moneta che possiamo chiamare senso di colpa. Dico forse, perchè se andiamo oltre la logica compensatoria del dare-avere, a dire la verità solo apparentemente riparativa, scopriamo che in realtà l'ambivalenza è in noi. Qui la riflessione psicologica si amplifica, fino a coinvolgere considerazioni di ordine etico e morale. Solo a noi spetta la dura sfida quotidiana di digerirla, elaborarla, accettarla, farci amicizia, non tanto per metterla in atto (evenienza che invece va scongiurata), quanto per restituirle quella giusta dignità che le appartiene, perchè quella parte è una parte di noi. Tutti vorremmo una vita fatta solo di bene: ma cos'è il bene se non la capacità di mettersi nei panni degli altri? comprendere le loro fragilità e andare oltre le loro mancanze? i loro egoismi, i loro errori? E allora, perchè tutto questo non dovrebbe valere anche per noi, quando ci rapportiamo con noi stessi? Il racconto è fantastico. Chi non l'avesse ancora letto, lasci tutto, abbandoni qualsiasi attività stia fecendo e si procuri con urgenza una copia, per leggerlo immediatamente, senza indugi. Il divertimento è garantito!

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